Di seguito alcune preghiere scritte da San Francesco
Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende
Tu sei forte
Tu sei grande
Tu sei altissimo
Tu sei Re onnipotente
Tu sei il Padre Santo, Re del cielo e della terra
Tu sei trino ed uno, Signore Iddio degli dei
Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene
Signore Iddio vivo e vero
Tu sei amore, carità
Tu sei sapienza
Tu sei umiltà
Tu sei pazienza
Tu sei bellezza
Tu sei sicurezza
Tu sei pace
Tu sei gaudio e letizia
Tu sei la nostra speranza
Tu sei giustizia
Tu sei temperanza
Tu sei tutta la nostra ricchezza
Tu sei bellezza
Tu sei mitezza,
Tu sei il protettore
Tu sei custode e il difensore nostro
Tu sei fortezza,
Tu sei rifugio
Tu sei la nostra speranza
Tu sei la nostra fede
Tu se la nostra carità
Tu sei tutta la nostra dolcezza
Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile
Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.
Queste Lodi ci sono pervenute autograte del Santo, perchè scritte da Lui stesso sul verso della pergamena che contiene la Benedizione a frate Leone.
Nei lato della pergamena (riferiscono le Fonti Francescane) che contiene la Benedizione a frate Leone, sopra di essa, da altra mano e con inchiostro rosso è scritto:
Anche Tommaso da Celano nella Vita Seconda cap. XX, 49 ci rende testimonianza del fatto:
Subito Gli portò quanto aveva chiesto, ed Egli, di sua mano, scrisse le lodi di Dio e le parole che aveva in animo.
Alla fine aggiunse la benedizione del frate e Gli disse:
La data di composizione dunque è chiara: Settembre 1224.
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Temete il Signore e rendetegli onore
Il Signore è degno di ricevere la lode e l'onore
Voi tutti che temete il Signore, lodatelo
Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con Te
Lodatelo, cielo e terra
Lodate il Signore, o fiumi tutti
Benedite il Signore, o figli di Dio
Questo è il giorno fatto dal Signore, esultiamo e rallegriamoci in esso
Alleluia, alleluia, alleluia! Il Re di Israele
Ogni vivente dia lode al Signore
Il Lodate il Signore, perchè è buono
Tutti voi che leggete queste parole, benedite il Signore
Benedite il Signore, o creature tutte
Voi tutti, uccelli del cielo, lodate il Signore
Servi tutti del Signore, lodate il Signore
Giovani e fanciulle lodate il Signore
Degno è l'Agnello che è stato immolato di ricevere la lode, la gloria e l'onore.
Sia benedetta la santa Trinità e l'indivisa Unità
San Michele Arcangelo, difendici nel combattimento
Mariano Fiorentino (+1523) afferma che queste Lodi erano nel Convento dell'Eremita (Terni) e che erano autografe di San Francesco.
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Santo, Santo, Santo il Signore Dio onnipotente che è, che era e che verrà
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli
Tu sei degno, Signore Dio nostro e, di ricevere la lode, la gloria e l'onore e la benedizione
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli
Degno è l'Agnello, che è stato immolato di ricevere potenza e divinità, sapienza e fortezza, onore e gloria e benedizione
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli
Benediciamo il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli
Benedite il Signore, opere tutte del Signore
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli
Date lode al nostro Dio, voi tutti suoi servi voi che temete Dio, piccoli e grandi
E lodiamolo ed esaltiamo nei secoli
Lodino lui, glorioso, i cieli e la terra
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli
E ogni creatura che è nel cielo e sopra la terra e sotto terra e il mare e le creature che sono in esso
E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli
Queste lodi il Serafico Padre le ha desunte in parte dalla Sacra Scrittura, e venivano recitate prima di ogni ora del Divino Ufficio e dell'Ufficio della Passione e della Vergine, ed erano recitate subito dopo il Santissimo Padre Nostro.
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Onnipotente, Santissimo, Altissimo, Sommo Dio,
Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, ti rendiamo grazie per il fatto stesso che tu esisti,
ed anche perchè con un gesto della tua volontà, per l'unico tuo Figlio e nello Spirito Santo, hai creato tutte le cose visibili ed invisibili e noi, fatti a tua immagine e somiglianza, avevi destinato a vivere felici in un paradiso dal quale unicamente per colpa nostra siano stati allontanati.
E ti rendiamo grazie, perchè, come per il Figlio tuo ci creasti, così a causa del vero e santo amore con il quale ci hai amati, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima Santa Maria e hai voluto che per mezzo della croce, del sangue e della morte di Lui noi fossimo liberati dalla schiavitù del peccato.
E ti rendiamo grazie, perchè lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della Sua maestà per mandare nel fuoco eterno gli empi che non fecero penitenza e non vollero conoscere il tuo amore e per dire a quelli che ti conobbero, adorarono, servirono e si pentirono dei loro peccati:
E poichè noi, miseri e peccatori, non siamo nemmeno degni di nominarti Ti preghiamo e Ti supplichiamo, perchè il Signore nostro Gesù Cristo, il Figlio che Tu ami e che a Te basta sempre e in tutto, per il quale hai concesso a noi cose così grandi, insieme con lo Spirito Santo Paraclito, ti renda grazie per ogni cosa in modo degno e a te gradito.
E umilmente preghiamo in nome del Tuo amore la beatissima Maria sempre Vergine, i beati Michele, Gabriele, Raffaele e tutti gli angeli, i beati Giovanni Battista e Giovanni evangelista, Pietro e Paolo, i beati patriarchi, profeti, innocenti, apostoli, evangelisti, discepoli, martiri, confessori, vergini, i beati Elia ed Enoc, e tutti i santi che furono, che sono e che saranno, perchè, come essi possono fare, rendano grazie a Te, per tutto il bene che ci hai fatto, o sommo Dio, eterno e vivo, con il Figlio Tuo diletto, Signore nostro Gesù Cristo e con lo Spirito Paraclito nei secoli dei secoli.
Amen
Questa stupenda preghiera fa parte della regola non bollata e si trova nel capitolo XXIII.
E' stata definita da P.S. da Campagnola "una confessione lirica nella quale si può additare il Credo sublime di San Francesco".
Il Serafico Padre, dopo aver reso grazie alle tre Persone della Santissima Trinità, invita Maria Santissima, i Cori angelici e tutti i Santi a rendere grazie al "sommo e vero Dio".
Anche noi rendiamo grazie a Dio altissimo e sommo.
Signore Iddio,
che tutti ti possiamo amare con tutto il cuore,
con tutta l'anima,
con tutta la mente,
con tutta la capacità e la forza
con tutto l'intelletto e con tutte le potenze,
con tutta l'intensità,
con tutto l'affetto,
con tutto il nostro intimo,
con tutto il desiderio e la volontà:
perchè Tu, o Signore,
a noi hai dato e ancora dai tutto il tuo corpo
e tutta l'anima tua e la tua vita intera!
Tu che ci hai creati, ci hai redenti e per sola Tua misericordia ci salverai;
Tu che hai fatto e fai ogni bene a noi, miserabili e miseri come siamo, putridi e fetidi, ingrati e cattivi.
Che null'altro, dunque, possiamo noi sapere, null'altro desiderio, null'altro volere, in null'altro trovare piacere o diletto, se non in Te, che sei Creatore e Redentore e Salvatore nostro: in Te che sei solo vero Dio, pienezza di bene, ogni bene, tutto il bene, vero e sommo bene, che solo sei buono, pio e mite, soave e dolce; che solo sei santo e giusto, vero e retto; che solo sei benigno, innocente e puro.
Da Te, per Te e in Te è tutto il perdono, tutta la grazia, tutta la gloria di tutti i penitenti e giusti e di tutti i beati che insieme godono nel cielo.
Nulla, dunque, o Signore, ci separi, nulla ci divida, nulla ci impedisca dall'amarti ovunque e in ogni tempo, ogni giorno e di continuo, in verità e con umiltà e di portare sempre in cuore Te, vero Dio.
Che sempre Ti possiamo amare ed onorare, adorare e servire, lodare e benedire e glorificare, sempre magnificare ed esaltare.
E grazie, Signore!
Grazie a te, altissimo e sommo Iddio Trinità ed Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutto.
Salvatore di quanti credono e sperano in Te e Te amano; che sei senza principio e senza fine,
ammirabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensibile, imperscrutabile, benedetto, lodevole, glorioso e super esaltato, sublime, eccelso, amabile, soave, dilettevole.
Tutto sempre sopra ogni cosa desiderabile nei secoli dei secoli.
Amen.
Bartolomeo da Pisa: De conformitate, fruct. XXIII, p. Il - FF 70-73
Bartolomeo da Pisa riporta questa preghiera nel suo libro "De Conformitate", come conclusione della stessa Regola.
Per corretezza di informazione la preghiera, così come la riportiamo, è alquanto diversa da quella che, al capitolo 23, conclude la prima Regola dei Frati Minori,
Onnipotente, santissimo
altissimo e sommo Iddio,
che sei il sommo bene,
tutto il bene,
ogni bene,
che solo sei buono,
fa che noi ti rendiamo ogni lode,
ogni gloria,
ogni grazia,
ogni onore,
ogni benedizione,
e tutti i beni.
Fiat.
Fiat.
Amen.
Con questa Orazione, il San Francesco concludeva la preparazione alla recita deIl'"Ufficio della Passione del Signore", ovvero la preghiera quotidiana dei frati quando ancora non avevano i breviari.
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Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio,
concedi a noi miseri di fare,
per tua grazia, ciò che sappiamo che Tu vuoi,
e di volere sempre ciò che Ti piace,
affinchè purificati nell'anima
affinchè interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo,
possiamo seguire le orme del Figlio Tuo,
il Signore nostro Gesù Cristo,
e a Te, o Altissimo,
giungere con l'aiuto della Tua sola grazia.
Tu che vivi e regni glorioso
nella Trinità perfetta
e nella semplice Unità,
Dio Onnipotente
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
San Francesco, prima di iniziare la recita dell'Ufficio divino era solito recitare questa preghiera.
Bartolomeo da Pisa la chiama "la Preghiera prima delle ore canoniche".
Mio Dio e mio tutto!
Chi siete voi,
mio dolcissimo Signore Iddio,
e chi sono io,
io povero vermiciattolo,
vostro servo?...
Signore santissimo
io vorrei amarvi
Signore mio Dio,
io vi dono tutto il cuor mio
e lo desidero ardentemente
fare sempre di più,
se almeno lo potessi compiere.
Questa preghiera è riportata da Bartolomeo da Pisa, nelle sue "Conformitates", come preghiera quotidiana di San Francesco.
Anzi, Bartolomeo scrive che il Serafico passava delle notti intere meditando su queste parole.
Il Santo davanti alla immensità di Dio si umilia fino a chiamarsi "vermiciattolo"!.
Ricordiamo che il primo presepe, nella forma come noi lo conosciamo oggi, lo si deve a San Francesco.
Nel 1223 San Francesco era a Greccio, quando venne ispirato a ricreare la magia della rappresentazione della Natività.
Visto che la gente non poteva andare a Betlemme, allora che Betlemme arrivasse nelle case delle gente.
Tommaso di Celano descrive la scena con un semplice
E Noi ancor'oggi, con poche varianti non sostanziali, continuiamo "a fare" il presepe allo setsso modo di come lo "progettò" San Francesco.
Nel Nome del Signore incomincia la Vita dei Frati Minori
La regola e la vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.
Frate Francesco promette obbedienza e ossequio al signor Papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana.
E gli altri frati siano tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.
Di Coloro che vogliono intraprendere questa vita e come devono essere ricevuti
Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concesso di ricevere i frati.
I ministri poi diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa.
E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e osservare fino alla fine e non hanno moglie o, qualora l'abbiano, essa sia già entrata in monastero o abbia dato loro il permesso con l'autorità del vescovo diocesano, dopo aver fatto voto di castità e le mogli siano di tale età che non possa nascere su di loro alcun sospetto; dicano ad essi la parola del Santo Vangelo, che vadano e vendano tutto quello che hanno e procurino di darlo ai poveri.
Se non potranno farlo, basta ad essi la buona volontà.
E si guardino i frati e i loro ministri di essere solleciti delle loro cose temporali, affinchè dispongano delle medesime liberamente secondo l'ispirazione del Signore.
Se tuttavia si chiedesse loro un consiglio, i ministri li potranno mandare da persone timorate di Dio perchè con il loro aiuto diano i loro beni ai poveri.
Poi concedano loro i panni della prova, cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e i pantaloni e il capperone fino al cingolo, se ai ministri non sembrerà diversamente secondo Dio.
Terminato l'anno della prova siano ricevuti all'obbedienza promettendo di osservare sempre questa vita e la Regola.
E in nessun modo sarà lecito di uscire da questa Religione secondo il decreto del signor Papa; poichè, come dice il Vangelo, nessuno che pone la mano all'aratro e poi si volge indietro e atto al regno di Dio (Lc 9,62).
E quelli che hanno già promesso obbedienza, abbiano una tonaca con il cappuccio e un'altra senza, coloro che la vorranno avere.
E coloro che sono costretti da necessità possano portare calzature.
E tutti i frati si vestano di abiti vili che possono rattoppare con sacco e altre pezze con la benedizione di Dio.
I quali ammonisco ed esorto di non disprezzare e di non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usano cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso".
Del Divino Ufficio e del Digiuno e come i Frati debbono andare per il mondo
I chierici recitino il divino ufficio secondo il rito della santa Chiesa romana eccetto il salterio, e perciò potranno avere i breviari.
I laici dicano ventiquattro Pater Noster per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste, sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; e preghino per i defunti.
E digiunino dalla festa di tutti i santi fino alla Natività del Signore.
La santa Quaresima invece, che incomincia dall'Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni e che il Signore santificò con il suo digiuno, coloro che volontariamente la passano nel digiuno siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano obbligati (Mt 4,2).
Ma l'altra, fino alla Resurrezione del Signore, la passino digiunando.
Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì.
Nei casi di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale.
Consiglio poi, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino, ed evitino le dispute di parole, ne giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, cosi come conviene (Tim 2,14).
E non debbano cavalcare se non siano costretti da evidente necessità o infermità.
In qualunque casa entreranno prima dicano: Pace a questa casa (Lc 10,5).
E secondo il santo Vangelo potranno mangiare di tutti i cibi che saranno loro presentati (Lc 10,8).
Che i Frati non ricevano denari
Ordino fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano denari o pecunia direttamente o per interposta persona.
Tuttavia per le necessità dei malati e per vestire gli altri frati, i ministri soltanto e i custodi per mezzo di amici spirituali, abbiano sollecita cura secondo i luoghi, la circostanza, il clima delle regioni, cosi come sembrerà convenire alla necessità, salvo sempre, come e stato detto, che non ricevano in nessuna maniera denaro o pecunia.
Del modo di Lavorare
Quei frati ai quali il Signore ha concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con devozione, così che, allontanato l'ozio, nemico dell'anima, non spengano lo spirito della santa orazione e devozione al quale devono servire tutte le altre cose temporali.
Come ricompensa del lavoro per se e per i loro frati ricevano le cose necessarie al corpo, eccetto denari o pecunia, e questo umilmente, come conviene a servi di Dio e a seguaci della santissima povertà.
Che i Frati di niente si approprino e del chiedere l'elemosina e dei Frati infermi
I frati non si approprino di nulla, ne casa, ne luogo, o alcuna altra cosa.
E come pellegrini e forestieri in questo mondo (Petr 2,11), servendo al Signore in povertà ed umiltà, vadano per l'elemosina con fiducia (Cor 8,9).
Ne devono vergognarsi, perchè il Signore si e fatto povero per noi in questo mondo. Questa e, fratelli miei carissimi, l'eccellenza dell'altissima povertà, che vi costituisce eredi e re del regno dei cieli, facendovi poveri di cose e ricchi di virtù (Jac 2,5).
Questa sia la vostra porzione che vi conduce alla terra dei viventi (Ps 141,6).
E a questa povertà, fratelli carissimi, totalmente uniti, non vogliate aver altro sotto il cielo, per sempre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.
E ovunque sono e si troveranno i frati, si mostrino familiari tra loro.
E ciascuno manifesti con fiducia all'altro le sue necessità, poichè se la madre nutre e ama il suo figlio carnale (Thess 2,7), con quanto più affetto uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?
E se uno di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire come vorrebbero essere serviti (Mt 7,12).
Della Penitenza da imporsi ai Frati che peccano
Se alcuni frati, per istigazione del nemico, avranno mortalmente peccato, per quei peccati per i quali sarà stato ordinato tra i frati di ricorrere ai soli ministri provinciali, i predetti frati siano tenuti a ricorrere ad essi quanto prima potranno senza indugio.
I ministri poi, se sono sacerdoti, impongano con misericordia ad essi la penitenza; se invece non sono sacerdoti, la facciano imporre da altri sacerdoti dell'Ordine, così come sembrerà più opportuno, secondo Dio.
E devono guardarsi di non adirarsi ne risentirsi per il peccato commesso da un frate, poichè l'ira e il risentimento impediscono in sè e negli altri la carità.
Della elezione del Ministro Generale di questa Fraternità e del Capitolo di Pentecoste
Tutti i frati siano tenuti sempre ad avere uno dei frati di quest'Ordine come ministro generale e servo di tutta la fraternità e a lui devono fermamente obbedire.
Alla sua morte l'elezione del successore sia fatta dai ministri provinciali e dai custodi nel Capitolo di Pentecoste, al quale i ministri provinciali siano tenuti sempre ad intervenire dovunque sarà stabilito dal ministro generale; e questo una volta ogni tre anni o entro un termine maggiore o minore, così come dal predetto ministro sarà ordinato.
E se talora ai ministri provinciali e ai custodi all'unanimità sembrasse che detto ministro non fosse idoneo al servizio e al comune bene dei frati, i predetti ministri e custodi, ai quali e commessa l'elezione, siano tenuti nel nome del Signore ad eleggersi un altro custode.
Dopo il Capitolo di Pentecoste i singoli ministri e custodi possono, se vogliono e lo credono opportuno, radunare nello stesso anno, una volta i loro frati a capitolo.
Dei Predicatori
I frati non predichino nella diocesi di alcun vescovo qualora dallo stesso vescovo fosse loro proibito.
E nessun frate osi predicare al popolo se prima non sia stato esaminato e approvato dal ministro generale di questa fraternità e non abbia ricevuto dal medesimo l'ufficio della predicazione.
Ammonisco anche ed esorto gli stessi frati che nella loro predicazione le loro parole siano ponderate e caste a utilità (Ps 11,7; 17,31) e a edificazione del popolo, annunciando ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria con brevità di discorso poichè il Signore disse sulla terra parole brevi (Rom 9,28).
Dell'ammonizione e della correzione dei Frati
I frati, che sono ministri e servi degli altri frati, visitino e ammoniscano i loro frati e li correggano con
umiltà e carità, non ordinando ad essi niente che sia contro alla loro anima e alla nostra Regola.
I frati poi, che sono sudditi, si ricordino che per Dio hanno rinnegato la propria volontà.
Per cui fermamente ordino loro di obbedire ai ministri in tutte quelle cose che promisero al Signore
di osservare e non sono contrarie all'anima e alla nostra Regola.
E ovunque ci siano dei frati che sapessero e conoscessero di non potere spiritualmente osservare la Regola, debbano e possano ricorrere ai loro ministri.
E i ministri li accolgano con carità e benevolenza e mostrino ad essi tanta familiarità che quelli possano parlare e fare con essi cosi come parlano e fanno i padroni con i loro servi; infatti cosi deve essere,
che i ministri siano i servi di tutti i frati.
Ammonisco poi ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vana gloria, invidia, avarizia (Lc 12,15), dalle cure e dalle preoccupazioni di questo mondo (Mt 13,22), dalla detrazione e dalla mormorazione.
E se non sanno di lettere, non si preoccupino di apprenderle, ma attendano a ciò che devono desiderare sopra ogni cosa: avere lo Spirito del Signore e le sue opere, per pregare sempre con cuore puro e avere umiltà, pazienza nelle persecuzioni e nelle infermità e amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano, poichè dice il Signore:
Che i Frati non entrino nei Monasteri delle Monache
Ordino fermamente a tutti i frati di non avere vicinanza o colloqui con donne tali da ingenerare sospetto, e di non entrare in monasteri di monache, eccetto quelli ai quali e stata data dalla Sede apostolica una speciale licenza.
Ne si facciano padrini di uomini e di donne, affinchè per questa occasione non sorga scandalo tra i
frati e dai frati.
Di coloro che vanno in Missione tra i Saraceni e tra gli altri Infedeli
Quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare tra i Saraceni e tra gli altri infedeli, ne chiedano il permesso ai loro ministri provinciali.
I ministri poi non diano a nessuno il permesso se non a quelli che riterranno idonei ad essere mandati.
Per obbedienza, inoltre, ordino ai ministri che chiedano al signor Papa uno dei cardinali della Santa Chiesa romana il quale sia governatore, protettore e correttore di questa fraternità affinchè sempre sudditi e soggetti ai piedi della medesima Santa Chiesa, stabili nella fede (Col 1,23) cattolica, osserviamo la povertà, l'umiltà e il Santo Vangelo del Signor nostro Gesù Cristo, che abbiamo fermamente promesso.
In nomine Domini! Incipit vita Minorum Fratrum:
Regula et Vita Minorum Fratrum haec est, scilicet Domini nostri Jesu Christi sanctum Evangelium observare vivendo in obedientia, sine proprio et in castitate.
Frater Franciscus promittit obedientiam et reverentiam domino papae Honorio ac successoribus eius canonice intrantibus et Ecclesiae Romanae.
Et alii fratres teneantur fratri Francisco et eius successoribus obedire.
De his qui volunt vitam istam accipere, et qualiter recipi debeant.
Si qui voluerint hanc vitam accipere et venerint ad fratres nostros, mittant eos ad suos ministros provinciales, quibus solummodo et non aliis recipiendi fratres licentia concedatur.
Ministri vero diligenter examinent eos de fide catholica et ecclesiasticis sacramentis.
Et si haec omnia credant et velint ea fideliter confiteri et usque in finem firmiter observareet uxores non habent vel, si habent, et iam monasterium intraverint uxores vel licentiam eis dederint auctoritate diocesani episcopi, voto continentiae iam emisso, et illius sint aetatis uxores, quod non possit de eis oriri suspicio, dicant illis verbum sancti Evangelii (cfr. Mt 19,21 par), quod vadant et vendant omnia sua et ea studeant pauperibus erogare.
Quod si facere non potuerint, sufficit eis bona voluntas.
Et caveant fratres et eorum ministri, ne solliciti sint de rebus suis temporalibus, ut libere faciant de rebus suis, quidquid Dominus inspiraverit eis.
Si tamen consilium requiratur, licentiam habeant ministri mittendi eos ad aliquos Deum timentes, quorum consilio bona sua pauperibus erogentur.
Postea concedant eis pannos probationis, videlicet duas tunicas sine caputio et cingulum et braccas et caparonem usque ad cingulum, nisi eisdem ministris aliud secundum Deum aliquando videatur.
Finito vero anno probationis, recipiantur ad obedientiam promittentes vitam istam semper et regulam observare.
Et nullo modo licebit eis de ista religione exire iuxta mandatum domini papae, quia secundum sanctum Evangelium nemo mittens manum ad aratrum et aspiciens retro aptus est regno Dei (Lc 9,62).
Et illi qui iam promiserunt obedientiam habeant unam tunicam cum caputio et aliam sine caputio qui voluerint habere.
Et qui necessitate coguntur possint portare calciamenta.
Et fratres omnes vestimentis vilibus induantur et possint ea repeciare de saccis et aliis peciis cum benedictione Dei.
Quos moneo et exhortor, ne despiciant neque iudicent homines, quos vident mollibus vestimentis et coloratis indutos, uti cibis et potibus delicatis, sed magis unusquisque iudicet et despiciat semetipsum.
De divino officio et ieiunio, et quomodo fratres debeant ire per mundum.
Clerici faciant divinum officium secundum ordinem sanctae Romanae Ecclesiae excepto psalterio, ex quo habere poterunt breviaria.
Laici vero dicant viginti quattuor Pater Noster pro matutino, pro laude quinque, pro prima, tertia, sexta, nona, pro qualibet istarum septem, pro vesperis autem duodecim, pro completorio septem; et orent pro defunctis.
Et ieiunent a festo Omnium Sanctorum usque ad Nativitatem Domini.
Sanctam vero quadragesimam, quae incipit ab Epiphania usque ad continuos quadraginta dies, quam Dominus suo sancto ieiunio consecravit , qui voluntarie eam ieiunant benedicti sint a Domino, et qui nolunt non sint astricti (Mt 4,2).
Sed aliam usque ad Resurrectionem Domini ieiunent.
Aliis autem temporibus non teneantur nisi sexta feria ieiunare.
Tempore vero manifestae necessitatis non teneantur fratres ieiunio corporali.
Consulo vero, moneo et exhortor fratres meos in Domino Jesu Christo, ut, quando vadunt per mundum, non litigent neque contendant verbis , nec alios iudicent; sed sint mites, pacifici et modesti, mansueti et humiles, honeste loquentes omnibus, sicut decet (Tim 2,14).
Et non debeant equitare, nisi manifesta necessitate vel infirmitate cogantur.
In quamcumque domum intraverint, primum dicant: Pax huic domui (Lc 10,5).
Et secundum sanctum Evangelium de omnibus cibis, qui apponuntur eis, liceat manducare (Lc 10,8).
Quod fratres non recipiant pecuniam.
Praecipio firmiter fratribus universis, ut nullo modo denarios vel pecuniam recipiant per se vel per interpositam personam.
Tamen pro necessitatibus infirmorum et aliis fratribus induendis per amicos spirituales ministri tantum et custodes sollicitam curam gerant secundum loca et tempora et frigidas regiones, sicut necessitati viderint expedire; eo semper salvo, ut, sicut dictum est, denarios vel pecuniam non recipiant.
De modo laborandi.
Fratres illi, quibus gratiam dedit Dominus laborandi, laborent fideliter et devote, ita quod, excluso otio animae inimico, sanctae orationis et devotionis spiritum non exstinguant, cui debent cetera temporalia deservire.
De mercede vero laboris pro se et suis fratribus corporis necessaria recipiant praeter denarios vel pecuniam et hoc humiliter, sicut decet servos Dei et paupertatis sanctissimae sectatores.
Quod nihil approprient sibi fratres, et de eleemosyna petenda et de fratribus infirmis.
Fratres nihil sibi approprient nec domum nec locum nec aliquam rem.
Et tanquam peregrini et advenae (Petr 2,11) in hoc saeculo in paupertate et humilitate Domino famulantes vadant pro eleemosyna confidenter, nec oportet eos verecundari, quia Dominus pro nobis se fecit pauperem in hoc mundo (Cor 8,9).
Haec est illa celsitudo altissimae paupertatis, quae vos, carissimos fratres meos, heredes et reges regni caelorum instituit, pauperes rebus fecit, virtutibus sublimavit (Jac 2,5).
Haec sit portio vestra, quae perducit in terram viventium (Ps 141,6).
Cui, dilectissimi fratres, totaliter inhaerentes nihil aliud pro nomine Domini nostri Jesu Christi in perpetuum sub caelo habere velitis.
Et, ubicumque sunt et se invenerint fratres, ostendant se domesticos invicem inter se.
Et secure manifestet unus alteri necessitatem suam, quia, si mater nutrit et diligit filium suum (Thess 2,7) carnalem, quanto diligentius debet quis diligere et nutrire fratrem suum spiritualem?
Et, si quis eorum in infirmitate ceciderit, alii fratres debent ei servire, sicut vellent sibi serviri (Mt 7,12).
De poenitentia fratribus peccantibus imponenda.
Si qui fratrum, instigante inimico, mortaliter peccaverint, pro illis peccatis, de quibus ordinatum fuerit inter fratres, ut recurratur ad solos ministros provinciales, teneantur praedicti fratres ad eos recurrere quam citius poterint, sine mora.
Ipsi vero ministri, si presbyteri sunt, cum misericordia iniungant illis poenitentiam; si vero presbyteri non sunt, iniungi faciant per alios sacerdotes ordinis, sicut eis secundum Deum melius videbitur expedire.
Et cavere debent, ne irascantur et conturbentur propter peccatum alicuius, quia ira et conturbatio in se et in aliis impediunt caritatem.
De electione generalis ministri huius fraternitatis et de capitulo Pentecostes.
Universi fratres unum de fratribus istius religionis teneantur semper habere generalem ministrum et servum totius fraternitatis et ei teneantur firmiter obedire.
Quo decedente, electio successoris fiat a ministris provincialibus et custodibus in capitulo Pentecostes, in quo provinciales ministri teneantur semper insimul convenire, ubicumque a generali ministro fuerit constitutum; et hoc semel in tribus annis vel ad alium terminum maiorem vel minorem, sicut a praedicto ministro fuerit ordinatum.
Et si aliquo tempore appareret universitati ministrorum provincialium et custodum, praedictum ministrum non esse sufficientem ad servitium et communem utilitatem fratrum, teneantur praedicti fratres, quibus electio data est, in nomine Domini alium sibi eligere in custodem.
Post capitulum vero Pentecostes ministri et custodes possint singuli, si voluerint et eis expedire videbitur, eodem anno in suis custodiis semel fratres suos ad capitulum convocare.
De praedicatoribus.
Fratres non praedicent in episcopatu alicuius episcopi, cum ab eo illis fuerit contradictum.
Et nullus fratrum populo penitus audeat praedicare, nisi a ministro generali huius fraternitatis fuerit examinatus et approbatus, et ab eo officium sibi praedicationis concessum.
Moneo quoque et exhortor eosdem fratres, ut in praedicatione, quam faciunt, sint examinata et casta eorum eloquia (Ps 11,7; 17,31), ad utilitatem et aedificationem populi, annuntiando eis vitia et virtutes, poenam et gloriam cum brevitate sermonis; quia verbum abbreviatum fecit Dominus super terram (Rom 9,28).
De admonitione et correctione fratrum.
Fratres, qui sunt ministri et servi aliorum fratrum, visitent et moneant fratres suos et humiliter et caritative corrigant eos, non praecipientes eis aliquid, quod sit contra animam suam et regulam nostram.
Fratres vero, qui sunt subditi, recordentur, quod propter Deum abnegaverunt proprias voluntates.
Unde firmiter praecipio eis, ut obediant suis ministris in omnibus quae promiserunt Domino observare et non sunt contraria animae et regulae nostrae.
Et ubicumque sunt fratres, qui scirent et cognoscerent, se non posse regulam spiritualiter observare, ad suos ministros debeant et possint recurrere.
Ministri vero caritative et benigne eos recipiant et tantam familiaritatem habeant circa ipsos, ut dicere possint eis et facere sicut domini servis suis; nam ita debet esse, quod ministri sint servi omnium fratrum.
Moneo vero et exhortor in Domino Jesu Christo, ut caveant fratres ab omni superbia, vana gloria, invidia, avaritia (Lc 12,15), cura et sollicitudine huius saeculi (Mt 13,22), detractione et murmuratione.
Et non curent nescientes litteras litteras discere; sed attendant, quod super omnia desiderare debent habere Spiritum Domini et sanctam eius operationem, orare semper ad eum puro corde et habere humilitatem, patientiam in persecutione et infirmitate et diligere eos qui nos persequuntur et reprehendunt et arguunt, quia dicit Dominus:
Quod fratres non ingrediantur monasteria monacharum.
Praecipio firmiter fratribus universis, ne habeant suspecta consortia vel consilia mulierum, et ne ingrediantur monasteria monacharum praeter illos, quibus a sede apostolica concessa est licentia specialis.
Nec fiant compatres virorum vel mulierum nec hac occasione inter fratres vel de fratribus scandalum oriatur.
De euntibus inter saracenos et alios infideles.
Quicumque fratrum divina inspiratione voluerint ire inter saracenos et alios infideles petant inde licentiam a suis ministris provincialibus.
Ministri vero nullis eundi licentiam tribuant, nisi eis quos viderint esse idoneos ad mittendum.
Ad haec per obedientiam iniungo ministris, ut petant a domino Papa unum de sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalibus, qui sit gubernator, protector et corrector istius fraternitatis, ut semper subditi et subiecti pedibus eiusdem sanctae Ecclesiae stabiles in fide (Col 1,23) catholica paupertatem et humilitatem et sanctum evangelium Domini nostri Jesu Christi, quod firmiter promisimus, observemus.
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Anacleto Iacovelli
Vita di San Francesco di Assisi - Lo Sposo di Madonna Povertà
Samuele Duranti
Nacque al mondo un sole
Hermann Hesse
Francesco di Assisi
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